Gli allievi della scuola di Tendai solevano studiare meditazione
anche prima che lo Zen entrasse in Giappone.
Quattro di loro, che erano amici intimi,
si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio.
Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro.
La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici;
ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche,
uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo:
«Regola quella lampada!».
Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo:
«Non dovremmo dire neanche una parola» osservò.
«Siete due stupidi. Perché avete parlato?» disse il terzo.
«Io sono l’unico che non ha parlato» concluse il quarto.
Portati nel tuo spazio di ascolto interiore
controlla la posizione dei piedi e della colonna
e inizia a respirare tranquillamente
e profondamente.
Espira
Inspira
e lascia che il respiro ti culli
e ti accompagni dentro di te
poi rileggi la storia Zen,
considerandola da uno spazio di centratura.
Quali sono le tue considerazioni?
Individuale
e annotale.
Gli aspetti sono due.
Uno è relativo agli allievi, l’altro al silenzio.
Gli allievi sono anche amici e decidono di intraprendere
un’esperienza che sembra più che altro una prova
e vista la durata possiamo dire che è piuttosto ardua,
considerata la posizione, l’inesperienza e l’età dei ragazzi.
La prima osservazione è legata allo sforzo.
È importante calibrare le forze e evitare
di imporsi dei sacrifici palesemente superiori alle proprie capacità.
7 giorni di silenzio sono una prova molto intensa e difficile.
Infatti dopo nemmeno 12 ore la consegna del silenzio
viene rotta per un motivo pratico.
Il giovane che ha parlato è giustificato,
forse teneva al benessere dei suoi ospiti,
ma il silenzio non viene rispettato e la prova decade.
Il secondo allievo parla per rimproverare il primo,
ma sembra che lo faccia in modo premuroso, non lo fa per antipatia,
purtroppo per riportare l’amico verso l'impegno preso,
si trova a rompere anch’egli la consegna.
Il terzo giovane monaco sembra molto meno premuroso
e probabilmente è un filo borioso e autoritario,
mentre l’ultimo dei quattro è il meno astuto
o forse è il più orgoglioso del gruppo.
Ognuno per il proprio motivo i monaci hanno parlato
hanno lasciato cadere il proprio impegno
si sono lasciati catturare dalle intemperanze della personalità.
La scelta è stata autonoma, in ogni caso il loro maestro Zen
è sicuramente ben consapevole di quello che lo aspetta
per portare questi monaci a un vero ascolto profondo.
Soffermati sulla storia e sulle considerazioni.
Ti identifichi – almeno in parte – con uno dei monaci?
Risponditi con sincera attenzione e trai le tue conclusioni
per poterle utilizzare con favore nella tua vita.
L’altro aspetto da considerare è il silenzio,
un grandissimo strumento evolutivo che,
non a caso, numerose tradizioni utilizzano
e suggeriscono ai discepoli di praticarlo
in determinati periodi o situazioni
che si tratti di un monastero zen,
di un Ashram in India, di un ritiro Benedettino
o di un qualunque altro luogo di raccoglimento nel mondo.
Il silenzio è un elemento di grande potenza
basta saperlo utilizzare nel modo coretto.
Prenditi dei momenti di silenzio,
è suficiente anche scegliere una sola ora in certi giorni
e seguire onestamente la consegna
per ritrovare spazi di Sé altrimenti inaccessibili.
Non lasciarti catturare dallo zelo dei monaci
e non sfuggire a questi momenti di incontro con te
ti ritroverai più in pace e con una maggiore ricchezza interiore.
Ora torna delicatamente al tuo spazio fisico
Respira consapevolmente e sbadiglia
muovi piano le dita delle mani e dei piedi
e quando ti senti pronto torna alla realtà circostante
considerando lo stato di ricarica e rigenerazione
nel quale ti trovi dopo la meditazione.
Patrizia Manuela Rottigni