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Patrizia Manuela Rottigni

UN PENSIERO PER TE –  3 dicembre -  Meditazioni quotidiane - Giorno 337 -  UNA STORIA ZEN (IMPARARE


Gli allievi della scuola di Tendai solevano studiare meditazione

anche prima che lo Zen entrasse in Giappone.

Quattro di loro, che erano amici intimi,

si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio.

Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro.

La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici;

ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche,

uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo:

«Regola quella lampada!».

Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo:

«Non dovremmo dire neanche una parola» osservò.

«Siete due stupidi. Perché avete parlato?» disse il terzo.

«Io sono l’unico che non ha parlato» concluse il quarto.

Portati nel tuo spazio di ascolto interiore

controlla la posizione dei piedi e della colonna

e inizia a respirare tranquillamente

e profondamente.

Espira

Inspira

e lascia che il respiro ti culli

e ti accompagni dentro di te

poi rileggi la storia Zen,

considerandola da uno spazio di centratura.

Quali sono le tue considerazioni?

Individuale

e annotale.

Gli aspetti sono due.

Uno è relativo agli allievi, l’altro al silenzio.

Gli allievi sono anche amici e decidono di intraprendere

un’esperienza che sembra più che altro una prova

e vista la durata possiamo dire che è piuttosto ardua,

considerata la posizione, l’inesperienza e l’età dei ragazzi.

La prima osservazione è legata allo sforzo.

È importante calibrare le forze e evitare

di imporsi dei sacrifici palesemente superiori alle proprie capacità.

7 giorni di silenzio sono una prova molto intensa e difficile.

Infatti dopo nemmeno 12 ore la consegna del silenzio

viene rotta per un motivo pratico.

Il giovane che ha parlato è giustificato,

forse teneva al benessere dei suoi ospiti,

ma il silenzio non viene rispettato e la prova decade.

Il secondo allievo parla per rimproverare il primo,

ma sembra che lo faccia in modo premuroso, non lo fa per antipatia,

purtroppo per riportare l’amico verso l'impegno preso,

si trova a rompere anch’egli la consegna.

Il terzo giovane monaco sembra molto meno premuroso

e probabilmente è un filo borioso e autoritario,

mentre l’ultimo dei quattro è il meno astuto

o forse è il più orgoglioso del gruppo.

Ognuno per il proprio motivo i monaci hanno parlato

hanno lasciato cadere il proprio impegno

si sono lasciati catturare dalle intemperanze della personalità.

La scelta è stata autonoma, in ogni caso il loro maestro Zen

è sicuramente ben consapevole di quello che lo aspetta

per portare questi monaci a un vero ascolto profondo.

Soffermati sulla storia e sulle considerazioni.

Ti identifichi – almeno in parte – con uno dei monaci?

Risponditi con sincera attenzione e trai le tue conclusioni

per poterle utilizzare con favore nella tua vita.

L’altro aspetto da considerare è il silenzio,

un grandissimo strumento evolutivo che,

non a caso, numerose tradizioni utilizzano

e suggeriscono ai discepoli di praticarlo

in determinati periodi o situazioni

che si tratti di un monastero zen,

di un Ashram in India, di un ritiro Benedettino

o di un qualunque altro luogo di raccoglimento nel mondo.

Il silenzio è un elemento di grande potenza

basta saperlo utilizzare nel modo coretto.

Prenditi dei momenti di silenzio,

è suficiente anche scegliere una sola ora in certi giorni

e seguire onestamente la consegna

per ritrovare spazi di Sé altrimenti inaccessibili.

Non lasciarti catturare dallo zelo dei monaci

e non sfuggire a questi momenti di incontro con te

ti ritroverai più in pace e con una maggiore ricchezza interiore.

Ora torna delicatamente al tuo spazio fisico

Respira consapevolmente e sbadiglia

muovi piano le dita delle mani e dei piedi

e quando ti senti pronto torna alla realtà circostante

considerando lo stato di ricarica e rigenerazione

nel quale ti trovi dopo la meditazione.

Patrizia Manuela Rottigni


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